La festa odierna richiama e propone alla comune
meditazione alcune componenti fondamentali della nostra fede cristiana. Al
centro della liturgia ci sono soprattutto i grandi temi della comunione dei
santi, della destinazione universale della salvezza, della fonte di ogni
santità che è Dio stesso, della certa speranza nella futura e indistruttibile
unione col Signore, del rapporto esistente tra salvezza e sofferenza, e di una
beatitudine che già fin d’ora qualifica coloro i quali si trovano nelle
condizioni descritte da Gesù nel Vangelo secondo Matteo. In chiave a tutta
questa ricca tematica, però, c’è la gioia, come abbiamo recitato nell’antifona
d’ingresso: “Rallegriamoci tutti nel Signore in questa solennità di tutti i
santi”; ed è una gioia schietta, limpida, corroborante, quale quella di chi si
ritrova in una grande famiglia dove sa di affondare le proprie radici e da cui
trarre la linfa della propria vitalità e della propria stessa identità
spirituale. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o
ladro o malfattore o delatore. Ma se uno soffre come cristiano, non ne
arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome” (1Pt 4,14-16). Infatti, la nostra prospettiva non è a breve
termine, ma senza fine. Sono scritte per noi le parole illuminanti
dell’apostolo Paolo: “Il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci
procura una quantità smisurata ed eterna di gloria, perché noi non fissiamo lo
sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono
d’un momento, quelle invisibili sono eterne” (2Cor 4,17-18).Da questa fede deriva la nostra letizia e la
nostra forza. Che il Signore ce la mantenga sempre intatta e feconda. E con la
sua grazia ci protegga e ci sostenga sempre!
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