I Caduti di Brema: la tragedia aerea che 50 anni fa si portò via i giovani campioni del nuoto azzurro
Sette atleti della Nazionale, un tecnico federale e un telecronista
Rai morirono nel più grave incidente nella storia del nostro sport con
il disastro del Grande Torino a Superga
“Paff....bum” cantava quella sera Lucio Dalla, in coppia con gli
Yardbirds, al Festival di Sanremo. Era il 28 gennaio 1966 e nei cieli
della Germania si stava compiendo una delle più angoscianti tragedie
nella storia dell’aviazione civile e anche nella storia dello sport. Un
Convair della Lufthansa con 46 persone a bordo precipitò durante la fese
di atterraggio. Un lampo poi lo schianto: “Paff... bum”. A bordo, fra
gli altri passeggeri e gli uomini dell’equipaggio, c’erano sette giovani
nuotatori azzurri, quattro uomini e tre donne che in verità erano poco
più che ragazzi. Avrebbero dovuto partecipare nella città tedesca di
Brema a uno dei più prestigiosi meeting internazionali di allora e
confrontarsi, come in quegli anni non succedeva spesso, anche con i
rivali americani, australiani, giapponesi... Nessuno riuscì a
sopravvivere nell’immane disastro, che si portò via un’intera
generazione del nuoto italiano.
Sergio De Gregorio, Bruno Bianchi, Amedeo Chimisso, Luciana Massenzi, Dino Rora, Carmen Longo, Daniela Samuele, Paolo Costoli, Nico Sapio
Bruno Bianchi, nato a Trieste, era stile liberista e capitano della
Nazionale, 16 volte primatista italiano, il più vecchio e già veterano
del gruppo anche se appena 22enne. Nuotava a Torino, nella società
sponsorizzata dalla Fiat (dove lavorava per pagarsi gli studi
universitari), ed era allenato dal famoso Umberto Usmiani, per il quale
aveva una sorta di venerazione. Amedeo Chimisso, 19enne dorsista e
primatista dei 200 misti, era figlio di uno scaricatore di porto di
Venezia e faceva il fattorino a tempo perso per cercare di sbarcare il
lunario. Il romano Sergio De Gregorio, stileliberista e delfinista, 5
titoli italiani assoluti e pluriprimatista nazionale, avrebbe compiuto
vent’anni a febbraio. Appena 18enne e studentessa liceale bolognese era
invece Carmen Longo, ranista e mistista, primatista e campionessa
italiana. Da Roma arrivava Luciana Massenzi, 20 anni, stileliberista e
dorsista, 4 titoli assoluti, primatista dei 100 dorso. La stessa età di
Chiaffredo “Dino” Rora, dorsista e stileliberista torinese, lui pure
tesserato per il Fiat (e per l’azienda automobilistica lavorava anche
come impiegato), uno dei 4 nuotatori italiani ad aver detenuto fino ad
allora un record europeo, nei 100 dorso. Appena 17 anni aveva infine
Daniela Samuele, nata a Genova, mistista e delfinista, la più giovane
del gruppo. Con loro c’erano il tecnico federale Paolo Costoli,
fiorentino di 55 anni, ex ottimo nuotatore azzurro e poi eccellente
pallanotista (4 scudetti con la Rari Nantes Firenze), e Nico Sapio, 36
anni, telecronista della Rai. Nessuno si salvò in quel terribile
schianto: erano le 18,51 di venerdì 28 gennaio 1966.
“La notte dell’addio” ripeteva Iva Zanicchi al Festival di Sanremo e
nei televisori degli italiani, ancora ignari del dramma di Brema.
Allora non c’erano Internet o cellulari e la notizia del disastro arrivò
solo molte ore dopo e con dispacci di agenzia lacunosi e frammentari.
Alcuni quotidiani del giorno successivo riportarono la notizia di otto,
non sette, nuotatori azzurri periti della tragedia, coinvolgendo
nell’incidente anche Gianni Gross, uno dei migliori ranisti italiani di
quegli anni, che però in extremis era stato escluso dalla squadra per
Brema. E lo stesso, per loro fortuna e motivi diversi, era successo ad
altri ottimi nuotatori azzurri: Daniela Beneck aveva rinunciato per
problemi personali, Pietro Boscaini per le precarie condizioni di forma,
Elisabetta Noventa per un esame universitario improrogabile, Laura
Schiessari per i postumi di un’appendicite. All’ultimo momento si era
defilato dalla trasferta anche il tecnico Bubi Dennerlein, in seguito
mentore di Novella Calligaris, a causa di alcuni contrasti con la
Federazione.
Il destino che salvò loro la vita voltò invece le spalle, beffardo,
agli azzurri convocati per il meeting tedesco. Quella tragica trasferta
fu infatti accompagnata da una serie incredibile di coincidenze
sfavorevoli. Il volo previsto da Linate per la Germania fu cancellato
per la fitta nebbia sullo scalo milanese. La comitiva azzurra stava già
per ripiegare su un’alternativa via terra (treno e pullman) quando si
trovò all’ultimo momento un aereo della Swissair per Zurigo, con
successive coincidenze per Francoforte e poi Brema. Gli azzurri però
arrivarono a Francoforte in leggero ritardo, appena 12 minuti persi
probabilmente in ulteriori controlli dei documenti alla dogana. Furono
fatali, perché così persero l’aereo previsto e già prenotato per Brema,
che raggiunse poi regolarmente la città tedesca, e dovettero scegliere
quello successivo, che invece non arrivò mai a destinazione.
“Un giorno tu mi cercherai” intonava l’Equipe 84 dal Salone delle
Feste del Casino Municipale di Sanremo. “Perdonami mamma, di tutto”
aveva invece sussurrato al telefono Dino Rora, parlando con sua madre,
poco prima di imbarcarsi per Brema, quasi presago del dramma che si
sarebbe compiuto di lì a poco. Un disastro terribile e struggente che
non ebbe mai una spiegazione. Le condizioni meteo a Brema erano critiche
ma non proibitive, si parlò di illuminazione difettosa lungo la pista
dell’aeroporto, di scarsa visibilità, di manovra errata, di malore del
pilota. E alcuni fra i soccorritori dissero di aver trovato il copilota
al suo posto, morto sul colpo, con una tenaglia arrugginita in mano.
Perché? Il mistero non fu mai chiarito, quasi com’era avvenuto pochi
anni prima (era il 1949) nella disastro aereo sulla collina di Superga,
dove erano caduti i calciatori del Grande Torino. Una tragedia, quello
del Toro, rimasta giustamente e comprensibilmente nell’immaginario
collettivo e nella memoria non solo degli sportivi, tanto quanto invece
la tragedia di Brema venne tristemente dimenticata negli anni.
Eppure nei teneri sguardi di quei sette ragazzi, che avrebbero sì
meritato le prime pagine dei giornali ma per ben altri motivi, c’era
tutta la generosità e la passione, l’ingenuità e l’abnegazione dei
giovani campioni, poveri ma belli, umili e per questo anche più grandi
pur se quasi anonimi e semi sconosciuti in un’Italia che era tornata a
galla dopo la guerra ma quasi non sapeva nuotare.
Per ricordare i caduti di Brema, una delegazione della Federazione
Italiana Nuoto, invitata dal Consolato Onoroario d’Italia a Brema,
raggiungerà giovedì 28 gennaio la città tedesca per la commemorazione
ufficiale. Saranno presenti il vicepresidente federale Manuela Dalla
Valle, il dt della Nazionale azzurra di nuoto Cesare Butini e il ds
Gianfranco Saini. L’incontro con il Console italiano in Germania, Flavio
Rodilosso, avverrà presso la stele commemorativa in Nordelander
Strasse, dove gli azzurri periti nel disastro aereo saranno ricordati
nella funzione officiata da Don Pierluigi Vignola e dal Pastore Robert
Vetter. Alle 18,51, l’ora dell’incidente, si osserverà un minuto di
silenzio. La commemorazione si concluderà alle 19 presso l’Hotel Robben
dove ci sarà l’incontro tra le istituzioni e tutti i partecipanti:
verrà proiettato su maxischermo il trailer del docufilm patrocinato
della Fin e realizzato da Francesco Zarzana dal titolo “Tra le Onde nel
Cielo”, che ha come protagonisti Laura Efrikian, Marco Morandi e Claudia
Campagnola. Il film, che verrà presentato e proiettato il 20 febbraio a
Modena al Buk Festival 2016, raccoglie le testimonianze dei parenti e
degli atleti ex compagni di squadra dei Caduti di Brema. Sempre giovedì
28 gennaio a Roma si terrà una conferenza stampa presso il Salone
d’Onore del Coni, alla presenza del presidente Giovanni Malagò.
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